giovedì 14 agosto 2014

"L'esperto risponde" - novembre 2010

L’ESPERTO RISPONDE - tratto da "Millionaire" - novembre 2010 - di Luca Fumagalli

Luca Fumagalli
1-Sono una vostra lettrice da anni, e ritengo che siate una rivista completa, per chi, come me, parte dall'abc per avvicinarsi al mondo del franchising, e non.
Nella ricerca di un franchising idoneo alle esigenze della mia città, e alle mie, ne ho individuato uno che mi ha proposto non un contratto di affiliazione ma un contratto di "collaborazione commerciale", in cui sono menzionati una serie di diritti e doveri tipici però di un contratto di affiliazione. Ma allora, dov'è la vera differenza?
Ilenia Russo


Ha ragione lei, cara lettrice. Non c’è nessuna differenza pratica tra un contratto con l’intestazione   “ Collaborazione commerciale”  e uno con scritto “ Affiliazione commerciale” oppure “Franchising”.   Il testo della legge  "Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale", del 6 maggio 2004, n.129, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 24 maggio 2004 recita espressamente : “L’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi “. Ne deriva che scrivere ” Collaborazione Commerciale”  nell’intestazione del contratto non esenta l’azienda proponente dal sottostare alle norme caratteristiche della legge sull’ affiliazione commerciale, se i contenuti sono quelli tipici del contratto di franchising, così come sopra descritti.  Il comportamento, purtroppo non isolato, più che avere conseguenze concrete denota semplicemente  una preoccupante ignoranza della legge e il vano tentativo di sfuggire a norme di tutela assolutamente eque e condivisibili. Al suo posto, cara lettrice, scarterei immediatamente una azienda che manifesta con questo atteggiamento tutta la sua superficialità nell’approccio alla formula, nonché l’intenzione di agire con scarsa trasparenza e di adottare “ scorciatoie” del tutto ingiustificate.

2- Vorrei avviare una attività in franchising,ma prima di farlo mi piacerebbe fare esperienza nello stesso settore come dipendente, tanto per rendermi conto di come funziona. Lei che ne pensa?
Olga Santini

L’intenzione è lodevole. Se si hanno dubbi sul settore o sulla propria attitudine ad una determinata attività può essere utile avvicinarsi gradualmente, con stage presso chi opera già in quel business o impieghi da dipendente. Se però si hanno le idee chiare sul proprio futuro  e si è identificato un franchisor serio e qualificato in quel settore, questo passaggio intermedio può essere superfluo o addirittura controproducente. Superfluo perché uno dei principali doveri del franchisor è proprio quello di trasferire KNOW-HOW, cioè tutta l’esperienza utile a far funzionare l’attività. Controproducente quando lo stage o il lavoro dipendente portano il futuro imprenditore affiliato ad apprendere modalità e approcci all’attività sostanzialmente differenti da quelli previsti nel concept del franchisor.

3 – Perché nel franchising non posso avere nemmeno il mio nome sulla insegna?  In fondo sono io l’imprenditore e l’attività la pago io …
Carlo Puricelli



Tra un nome ed un marchio c’è una differenza abissale in termini attrattività. Un nome sconosciuto al consumatore non dà alcun valore aggiunto all’offerta, casomai ne toglie. Nel franchising il marchio è sostenuto da tutti gli investimenti economici possibili e dai massimi sforzi di tutti, affiliante e affiliati, per aumentarne la notorietà nazionale e locale, incrementandone l’appeal. Se tutti gli affiliati di una rete mettessero il proprio nome al posto del marchio, non ci sarebbe nessuna possibilità di ottenere una notorietà comune e nessuna sinergia possibile negli interventi in ambito di comunicazione, pubblicità e marketing.
       

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